La Rosa di Campo e la vocetta


Dopo un po’ che si annoiava e che niente cambiava decise che anche se Krick-Krock non poteva parlare lei poteva raccontargli qualcosa.
“Scusa ancora, magari hai da fare, ma se ti va ti racconto qualcosa” attese un po.
Krick…krick…

“Va bene, allora io sono la Rosa di Campo, sono nata in campo (o sarei una Rosa da Giardino) e tutto sommato ci stavo abbastanza bene nel mio campo… di giorno c’era il Sole ad illuminarlo tutto e mi sembrava taaanto grande da non poterlo conoscere mai tutto! La notte la Luna ci brillava sopra e sembravano tutti, noi fiori di campo, bianchi come questo bianco ma con qualche ombra qui e lì da riuscire a vederci. Era un campo movimentato, ora che mi ricordo. Perché ogni tanto gli animali ci passavano sopra, non schiacciavano noi fiori a meno che non andassero di fretta, ma l’Erba si. Tu conosci l’Erba? Ah, l’Erba è pettegola e si arrabbia facilmente! E ogni volta che un animale la pestava lei prendeva a strillargli dietro di tutto. L’Erba non è sempre educata, già…” ricordò con un po’ di malinconia.
“E poi quando tirava il Vento lei prendeva a chiacchierare, ah, come parlava senza fermarsi mai perché sai, se non hai mai visto un campo, è vero che ci sono tanti fiori ma anche tante Erbe e si parlano tra loro con le vocine stridule, e si raccontano tutti i fatti del bosco perché le Erbe arrivano anche sotto gli alberi e quindi parlando parlando tra loro si raccontano tutti i fatti di tutti!” disse sorridendo e cercando di stiracchiare un petalo arricciolato.
“Però quando hai a che fare con le Erbe devi ricordarti che odiano i Funghi, che tutti scambiano per parenti di noi piante ma non lo sono, e le Erbe ci litigano sempre…” poi ricordò di quella volta che aveva piovuto tanto e vicino a lei era spuntato un Fungo, che poi era un bel fungo le pareva, un tipo elegante con un grande petalo sulla testa bianco e largo, ma guai!, l’Erba di era arrabbiata e aveva preso a parlargli contro, ci si svegliava la notte per dirgli “Sei ancora qui?!” e il Fungo Elegante niente, non rispondeva, non si muoveva e la ignorava…
“E più la ignorava e più l’Erba si arrabbiava…” ma fu interrotta da un rumorino.
Krick!
“Forse vuoi dirmi che a volte non si può rispondere? Hai ragione, penso che l’Erba non abbia mai pensato che i funghi non possano rispondere… poverini, magari avrebbero voluto raccontargli tante cose e invec…”
Krock! Krock-krock!
“Forse parlo troppo?” domandò un poco offesa, almeno lei provava a fare amicizia si disse e pensò che magari era proprio un grosso verme, e se l’era mangiata, ecco, era finita nella pancia di un grande Bruco Mangia-fiori!
“Per tutti i petali! Sei un grosso Bruco Mangia-fiori?!?” domandò spaventatissima.
Krick-krick-krick!
E le parve davvero che il rumorino ridesse, e le tremarono di nuovo le foglie.
“Ma…! Ma tu sei la vocetta di prima??” domandò offesa ma non ottenne risposta, e chiese ancora “Allora sei tu o no?” ma niente.
Fu allora che si ricordò che aveva detto alla vocina di non parlarle. Che vocetta pignola che era!
“Va bene, se sei la vocina di prima puoi parlarmi ma non ridere, mi fai tremare le foglie!” concesse magnanima.
Magari era innamorata” disse la vocetta con l’aria di chi si sta divertendo molto.
“Chi era innamorata?” si perplesse la Rosa di Campo.
L’Erba, del Fungo Elegante!” spiegò la vocetta trattenendosi dal ridacchiare.
La Rosa di Campo piegò la corolla come se parlasse ad un verme instupidito.
“Ma l’Erba non si innamora dei Funghi! Che sciocchezza. Le Erbe si innamorano di altre Erbe e poi spargono in giro semini d’Erba. E’ così che va” spiegò la Rosa di Campo paziente come se parlasse ad un germoglio di Febbraio a cui il freddo aveva dato ai petali (e ogni tanto succedeva che nascesse un germoglio con i petali infreddoliti che ci mettesse più tempo di altri a sbocciare).
Non farmi ridere, le cose vanno come vogliono andare e non come dovrebbero andare, prendi te e me per esempio: io ti dovrei mangiare ma non lo faccio perché non mi va. Per questo ti tremano i petali, perché sai che dovrei averti mangiata subito, subito, e che non saresti potuta scappare. Ma non ti preoccupare, non ti mangio neanche se rido, e poi sto mangiando altro… una quercia per la precisione, stagionatura giusta, giusta, circa un trecento anni… molto buona, anche se non me lo hai chiesto” rispose la vocetta con fare da intenditore.

Però questa spiegazione spaventò tantissimo la Rosa di Campo!
Qualsiasi cosa fosse quella vocetta poteva mangiare anche un vecchia e grande quercia, e questo era un grandissimo male e poi non le faceva per niente piacere sapere che in quel momento una vecchia e possente quercia veniva mangiata fra terribili sofferenze mute!
“Ma è orribile quello che dici! Cosa sei?? Che cattivo mostro sei??” interrogò quasi strillando di paura.
Ah, per voi fiori sono il mostro peggiore, ma non sono mica cattivo io…” si giustificò la vocetta immalinconita tutta.
Mi piacerebbe parlare con le Erbe, sentire cosa hanno da raccontare, o litigare con i Funghi, ecco a me piacciono i Funghi per dire, non li mangio perché muoiono molto prima che io li tocchi e potrei parlare con loro… perché si, i Funghi parlano a modo loro e io li capirei, ma non si può… muoiono prima che io mi avvicini, si seccano tutti e scompaiono del Grand Paradiso dei Funghi”.
“Oh, Mamma Terra! Ma dove sto?!” strillò la Rosa di Campo ormai del tutto terrorizzata.
Sei dentro di me, ti ha messa qui il Vento” spiegò la vocina paziente “Io glielo dissi che era contro natura ma lui disse che i Funghi e le muffe ti stavano mangiando, e siccome io e i Funghi e le Muffe non andiamo proprio d’accordo, come ti ho appena spiegato, qui ti stai curando”.
Intanto che la vocetta parlava la Rosa di Campo si domandava quale fosse il mostro peggiore per i Fiori di Campo.
C’erano gli animali a due zampe che raccoglievano i fiori, c’era la pioggia forte forte, o il Sole senza mai pioggia, c’erano i bruchi ma non era un bruco gigante. Più ci pensava e meno capiva dove fosse finita.
“Non sei un animale a due zampe che raccoglie fiori perché sono rosa e non bianchi… non sei un bruco gigante e neppure tanta pioggia, forse sei il Sole senza pioggia?” domandò tremando.
Oh, no, il Sole è mio parente ma non sono lui. Da lui puoi salvarti se piove, ma da me solo se piove tantissimo e non succede quasi mai abbastanza in fretta” spiegò facendo molta paura, ma senza volerne fare, la vocetta.
Fu allora che la Rosa di Campo capì, e come capì svenne.
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La Rosa di Campo e i Krick-Krock


La Rosa di Campo aveva dormito a lungo e quando si svegliò non sapeva dove fosse.
Ricordava il Fiume e la muffa che se la mangiava ma adesso sentiva tutte le foglie tirare come fossero troppo piccole per la linfa che vi scorreva dentro, poi se sembrava che i petali si fossero arricciolati su se stessi proprio come i suoi pensieri nell’Acqua.
Si guardò intorno ma non vide niente, era tutto bianco.
“Deve essere il Paradiso del Fiori di Campo” pensò tremando un po’.
Non perché avesse paura ma perché le dispiaceva essere finita nel Paradiso del Fiori di Campo prima di aver trovato un bel giardino, poteva anche essere che trovando un bel giardino avrebbe conosciuto il Paradiso del Fiori da Giardino. Ma in fondo non importava, pensò, perché se fosse successo si sarebbe chiesta come sarebbe stato finire nel Paradiso del Fiori di Campo e quindi non cambiava niente.
Tentò di guardare meglio tra le luce bianca per vedere se incontrava Nonno Rosa, o qualche altra Rosa da cui proveniva lei. Ma vedeva solo bianco. Provò a chiamare, forte perché i vecchi fiori, è noto a tutti, sono sordi come i sassi di fiume.
Cosa stai facendo?” e domandò una voce curiosa.
“Chiamo i Vecchi Fiori da cui provengo, sono nel Paradiso del Fiori di Campo. Tu sei un Fiore di Campo?” rispose educatamente la Rosa di Campo.
La vocetta ridacchiò come se fossero tante piccole risatine una dietro l’altra. E ad ogni risatina la Rosa di Campo ebbe un brividino di paura senza sapere perché ne provasse.
Ma non sei nel Paradiso del Fiori di Campo!” esclamò la vocina senza scusarsi di aver riso di lei.
“Se non sei un Fiore di Campo non mi parlare, mi metti paura” ordinò la Rosa di Campo decisa a farsi rispettare da quella strana vocina.
Va bene” acconsentì placidamente la vocetta.

Fu così che la Rosa di Campo si ritrovò nel bianco e in silenzio.
Passò un po’ di tempo e si accorse che ogni tanto si sentiva un rumorino piccino piccino, se ne accorse perché non aveva proprio niente da fare e si annoiava tanto, e più si annoiava e più si spaventava al pensiero di dove fosse finita. Per questo forse si rese conto che ogni tanto, chissà da dove, proveniva questo rumorino piccino piccino: krick.
E dopo un po’: krock.
E poi nulla per un po’, poi di nuovo krick, e dopo a volte un altro krick ma prima o poi c’era anche un krock.
Fu allora che le tornarono in mente i vermi. Era da così tanto che viaggiava nel Vento, e poi nell’Acqua, che si era dimenticata dei vermi, non ci pensava proprio più. Invece quando stava nel suo campo ci pensava, eccome!
Perché i vermi e i Fiori di Campo litigano sempre, tutti e due si nutrono della terra e così bisticciano. Che poi i fiori abbiano ragione e i vermi siano antipatici è un dato di fatto: loro potrebbero anche andarsene a mangiare più in là, i fiori no e quindi son dei grandissimi maleducati e togliere la terra ai fiori. Ripensò la Rosa di Campo.
Poi si domandò perché pensasse ai vermi e si rese conto che doveva fare come i vermi. Perché i vermi sono ciechi, ma ciechi per davvero!, e quando sentono una foglia muoversi dicono sempre “Chi va là?!” e i Fiori di Campo, che sono educati, non come loro, rispondono sempre. Così fece.
“Chi va là?!” interrogò imitando un verme, ossia con vocetta antipatica.
Krick… krick… krock…
Nessuna risposta.
La Rosa di Campo non seppe più cosa fare, perché i fiori rispondevano ai vermi ma era chiaro che chiunque facesse krick e krock era maleducato come un verme. Allora si ricordò cosa facevano due vermi quando si incontravano, e imitò i vermi.
“Chi sei? Che vuoi? Ti annodo sulla mia coda e ti stritolo come una briciola di argilla, poi ti mangio e ti abbandono nel campo!” che è molto poco educato ma i vermi facevano così quando si incontravano tra di loro, lo aveva visto tante volte e ne era sicurissima.
Krick… krock… krock… krock…krock!
L’ultimo krock era stato più forte e lei quasi sobbalzò nel bianco. Allora le venne il dubbio che qualsiasi cosa fosse non potesse parlare, come i pesci nell’Acqua. E se fosse stato così lei stava davvero facendo la gran maleducata.
“Scusami tanto…” disse più educata “…forse non puoi parlare, non volevo offenderti ma siccome non rispondevi ho pensato fossi…” e si rese conto che dirgli che sembrava un verme era ancora meno educato “… beh, poco educato. Allora magari se lo fossi stata anche io avresti risposto” concluse contenta di essersi spiegata.

...
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Frau Berchta e sua sorella Frau Holle




Ti racconto la storia del tempo che fu. Quando per le valli e sui monti si potevano ancora incontrare gli uomini vestiti di pelli d’animali, dalla grande forza e dai modi buoni, e le donne bellissime loro compagne. Quando belle giovani apparivano alle porte e lavoravano portando con loro la buona sorte. Era il tempo dei salvans e delle ganes, delle salighe o li-li o loade. Era il tempo di Frau Holle e Frau Berchta.
di quel tempo è andato tanto perduto ma ancora molto è conservato.
Frau Berchta, o Frau Perchta o Frau Berchtl, si dice vivesse sui monti più alti in un castello di ghiaccio e neve o, secondo altri, in una caverna che celava un castello a cui nessun umano poteva accedere e, anche se qualcuno vi fosse riuscito, non sarebbe mai più voluto andar via tanto era bello. Si racconta che avesse un marito, buono e garbato, di nome Parlör e che fosse sempre accompagnata da elfi e salighe quando, con la sua bella carrozza, correva assieme al vento giù dai monti fino alle valli.
Frau Holle, o Frau Hulda, che qualcuno diceva fosse la sorella di Perchta e qualcuno che fosse sempre la Berchta, abitava invece le cavità dei monti ma a volte soggiornava in fondo ai laghi e nelle fonti dove quando vi dimora si possono sentire suoni di campane. Qualcuno giurava addirittura di averla vista farsi il bagno e la raccontava bianca come neve e con capelli d’oro tanto lucenti da abbagliare come il Sole d’Estate.
In quel tempo lontano la nebbia e la pioggia erano mandate dalla Frau Berchta e quando rifaceva il suo letto di piume dai monti scendeva la neve sulle valli. E a volte capitava di ospitare giovani che ricambiavano lavorando nei campi e, come per magia, questi diventavano rigogliosi e fertili, e il burro profumava di erba e il latte di montagna.
Ma bisognava guardarsi d’esser sempre gentili e garbati, oppure sarebbero stati guai. Così tutti si operavano ad esser cortesi e quando incontravano qualcuno si procuravano che non gli mancasse nulla. Allora le Frau Berchta e Holle contente delle buone maniere avrebbero lasciato sul cammino dei doni.
Molte temute erano però ai pigri e ai maleducati, che punivano come meglio credevano. A volte sporcandogli le case, altre togliendo la fortuna, altre ancora ne rapivano i bambini.
Frau Berchta in particolare ogni tanto rapiva dei bimbi, nella notte della vigilia dell’Epifania ne portava via alcuni che tenevano con sé un anno, poi nella stessa notte li riaccompagnava a casa. Possedeva anche una sfera dove all’interno conduceva le anime dei bambini morti senza il battesimo, in questo luogo senza tempo si dice ci fossero monti e valli, fiumi e fonti e tantissimi fiori ovunque, giacché nella sfera della Berchta è sempre Primavera e i bambini giocano all’infinito correndo e ridendo; e, si racconta, quando verrà il giorno del giudizio questi bimbi non saranno giudicati e all’infinito potranno giocare circondati da fiori e buoni animali.
Anche Frau Holle amava i bambini e quando erano in culla li proteggeva. Ella nella sua dimora ospitava spesso anime defunte, qui queste potevano cantare e ballare assieme agli elfi, riposarsi e rifocillarsi finché lei non le avrebbe fatte tornare e rinascere bambini da proteggere.
Nella notte della vigilia dell’Epifania entrambe scendevano dai monti, Frau Berchta portava con sé un corteo di bambini: alcuni erano quelli che se n’erano andati, altri erano quelli che aveva rapito ai genitori pigri e maleducati. Però se si era tanto coraggiosi da guardare il corteo, se si era così attenti da riconoscerne l’ultimo della fila e così impavidi da urlarne il nome, allora lei lo faceva tornare subito a casa perché significava che nonostante l’incuria era amato. Ma guai ad incontrarla, aveva l’abitudine di infilare una scure invisibile nelle gambe di chi era così sciocco da cercarla e per un anno la scure avrebbe fatto male finché, la vigilia dell’anno dopo, tornati nello stesso punto, la si fosse pregata di toglierla. Allora l’avrebbe fatto, certa che la lezione fosse stata imparata perché nella notte della vigilia dell’Epifania non vanno mai disturbati i cortei delle buone sorelle.
Ma siccome ai bambini, a forza di camminare con lei, poteva venire fame allora alcune brave persone lasciavano nelle case un bicchiere di latte e un piatto con il dolce della domenica, e per ringraziare di questa premura verso i suoi bimbi Frau Berchta abbandonava in quelle case dei doni preziosi. Ogni tanto però dimenticava lì qualcuna, intenta ad accudire i piccoli. Così se alla mattina dell’Epifania si fosse ritrovato un oggetto estraneo in casa lo si sarebbe dovuto conservare in un cassetto senza più guardarlo o toccarlo per un anno, e la vigilia dopo rimetterlo esattamente dove lei lo aveva dimenticato perché lo riprendesse. Chi era tanto rispettoso da farlo avrebbe trovato al posto dell’oggetto di Frau Berchta delle monete.
Anche Frau Holle in questa notte scendeva dai monti e correva con il vento assieme al suo corteo. Per prima c’era una civetta che faceva strada, poi si dice ci fossero elfi e salighe. Ma dopo tanto correre le veniva sete, così chi avesse lasciato in casa una brocca d’acqua fresca avrebbe ritrovato, al mattino, delle monete d’argento nella brocca.
Per questi buoni motivi tutti, durante la vigilia dell’Epifania, lasciavano le finestre di poco aperte. Era bene però farlo solo se la casa fosse stata ben pulita ed ordinata perché se così non fosse allora loro si sarebbero molto arrabbiate. Frau Holle poi se la sarebbe presa con le donne di casa, le avrebbe spogliate nel sonno e in strada abbandonate perché capissero la vergogna d’esser pigre. Entrambe avrebbero messo tutto in disordine e imbrattato i lavori e i panni di carbone affinché da capo fossero lavati e stirati.
E se nella notte ti senti svegliare, non ti spaventare. È Frau Berchta che, se i suoi bambini hanno molta fame, ti viene a chiamare perché tu gli offra ancora un po’ di latte e di dolci.
Ma se alla mattina la casa in disordine troverai, allora saprai che un anno di doppio lavoro affronterai!

Buona Befana da Pâtisserie épicée!




Tratto dalle leggende dell'Alto Adige

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Buon 2010


 Torna Pàtisserie épicée.

Sono stati traslocati tutti i sogni della Rosa di Campo, uno per uno a mano. Sono andati persi i commenti che si potranno ritrovare qui, perché nulla si perde veramente.

Dalla Rosa di Campo i più profumati auguri di una fine dell'anno alla vaniglia e un nuovo anno alla cannella!
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Blog sospeso

No. Se c'è una cosa che ormai è assoldata è che imporre un banner nell'header azzera le utenze. Tiscali, che possedeva un ottimo servizio di freehosting si ritrovò svuotata in meno di un anno, a vantaggio di Altervista nato in quel periodo e che offriva la possibilità di posizionare il banner dove si volesse o di toglierlo evitando però così possibili guadagni. Altervista non è comunque mai decollato come piattaforma web, semmai è stato utilizzato da i più come deposito di file a vantaggio, a sua volta, degli hosting fino ad allora professionali: gli utenti preferivano spendere 30/40 euro all'anno e acquistare un dominio piuttosto che mettere sulle proprie pagine un banner pubblicitario.
Oggi fare una scelta del genere è secondo me un suicidio virtuale. Tutti sono in grado ormai di comprare uno spazio web e gli hosting hanno preso in considerazione le utenze non professionali offrendo servizi a bassissimo costo anche per chi non lavora online.
E' inoltre assoldato che questo mezzo pubblicitario è fallimentare (quindi anche ignorante chi è disposto a pagare per ottenerlo), il mastodonte Google ha dovuto fare i conti con il fatto che gli utenti non cliccano sulle pubblicità e prendono in antipatia l'apertura automatica di finestre pubblicitarie. E dire che Google aveva puntato quasi tutto sui consigli per gli acquisti, dovendo poi abbassare i prezzi e vedendo comunque calare le richieste stesse di spazi pubblicitari.
Fermo il blog, a malincuore.
Inutile procedere con post che poi, cambiando piattaforma dovrei traslocare altrove. Perchè è ovvio che se questa necessità di imporre pubblicità da parte di iobloggo (prima finestre invasive e ora banner 468x60) prosegue prima o poi traslocherei.
Impiego 5 minuti ad aprire un blog mio tramite Aruba a un prezzo così irrisorio che non vale neanche un caffè al giorno. L'unica noia è traslocare i post quindi per ora mi fermo.

A malincuore, ma per ora questo blog conclude le pubblicazioni.

Luglio 2009
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La Rosa di Campo e il bambino-ramo



La Rosa di Campo fluttuando, galleggiando, era giunta ad un'insenatura del fiume e senza accorgersene si era fermata tra una radice assetata e una roccia addormentata. Mentre galleggiava e fluttuava la Terra aveva girato attorno al Sole tanto da cambiare stagione, i fiori fioriti erano spariti e la luce calda  a volte seccava qualche piccolo germoglio, altre rendeva lucide le foglie delle piante più grandi e vecchie, gli animali assetati giungevano al fiume per refrigerarsi e gli insetti canterini cantavano e cantavano ogni giorno e ogni notte tanto che ormai anche la Rosa di Campo non li notava più.
Lei, d'altro canto, era presa a rimuginare e domandarsi sul come si potesse distruggendo creare ma per quanto s'interrogasse non riusciva a trovare una risposta. Ormai era così aggrovigliata nei pensieri che non ne trovava più l'inizio e tanto pensava tanto si dimenticava cosa prima avesse pensato, così lo ripensava ma facendolo se ne dimenticava e con tutto questo a cui pensare e da riordinare non c'era proprio tempo per accorgersi che intorno a lei il tempo cambiava e che la sua fogliolina in basso iniziava a imputridire, proprio come l'Acqua le aveva detto.
Il Vento ogni tanto arrivava e soffiava, per scuoterla o per scrollarla ma lei era intenta a pensare che non ci badava, così il Vento iniziava a preoccuparsi e anche l'Acqua non era molto serena. In fondo lui a l'Acqua aveva affidato la Rosa di Campo ma forse la domanda dell'Acqua era troppo grande per la piccola rosellina che ora a causa del fiume iniziava a marcire come se tutte le muffe del mondo le fossero diventate amiche.
All'improvviso si sentì un PLUF!, vicino all'insenatura dove la Rosa di Campo pensava, e questo PLUF! la distrasse dato che era un rumore strano e che sotto l'Acqua aveva creato una tensione di paura che navigando nel fiume lei non aveva mai sentito su per le radici.
Allungandosi oltre la roccia che aveva vicino scorse sulla riva del fiume un bambino con un dito lungo lungo ma così lungo che si innalzava dalla mano e, curvandosi, quasi sembrava un ramo. Alla fine del dito-ramo c'era un filo trasparente come una ragnatela che scendeva e scendeva fino a infilarsi nel fiume. Il bambino stava zitto e fissava l'Acqua senza muovere gli occhi e alla Rosa di Campo, non sapeva dirsi perchè, questo la spaventò.
Ma si tranquillizzò quando vide che i pesci si avvicinavano al dito da ragno del bambino, lo annusavano e come accadeva con le rocce lo assaggiavano, allora pensò che non c'era nulla di cui avere paura. Poi accadde qualcosa che lei non capì bene: improssivamente ci fu una gran confusione, l'Acqua si agitò e tutti i pesci fuggirono via e schizzi ovunque arrivarono, quando la Rosa di Campo comprese cosa fosse successo era troppo tardi: il dito di ragno aveva afferrato un pesce che ora volava nell'aria giungendo fino al bambino-ramo, che ora lo stava afferrando e che adesso lo deponeva sulla Terra! Sulla Terra!?!
La Rosa di Campo gridò: "Non sulla terra, bambino-ramo scemo! E' un pesce e senza Acqua morirà!!!"
Ma il bambino-ramo agitò il suo dito-ragnatela e di nuovo PLUF! lo infilò nel fiume con il sorriso che la Rosa di Campo aveva visto in chi strappava i fiori a Mamma Terra e in chi uccideva gli animali nel bosco.
Il pesce intanto si agitava come se muovendosi volesse tornare al suo Babbo Fiume, poi piano piano si calmò e solo la bocca si apriva e chiudeva in cerca dell'Acqua e ad ogni aprirsi e chiudersi la Rosa di Campo si agitava di più! Il Pesce non aveva le zampe per tornare nel fiume ma neanche lei le possedeva per aiutarlo, ed entrambi stavano lì a guardarsi: lui a morire e lei a guardarlo senza poter fare niente. Provò a gridare al bambino-ramo ma lui non l'ascoltò, provò a indirizzare il pesce ma lui senza Acqua nelle branchie era troppo debole per riuscire a seguire i suoi consigli: più di là, spingi la coda di là! Non lì, qui, qui!
Intanto, cosa ancora più terribile, gli altri pesci non sentendo dal fiume il dolore del loro fratello si erano riavvicinati al dito-ragnatela del bambino-ramo e prendevano ad annusarlo di nuovo. Lo facevano perchè c'era calma e silenzio e così loro si fidavano.
Allora alla Rosa di Campo venne spontaneo strillare al Fiume: Non voglio calma! Non voglio silenzio! Voglio togliergli ogni fiducia! Acqua distruggi la fiducia!!"
E l'Acqua ascoltò, agitò i flutti e creò il panico, distrusse la calma e la fiducia. Il Vento che era da quelle parti per aiutare la Rosa di Campo iniziò a correre tutto intorno, agitanto le foglie e i rami, anche quello del bambino-ramo che si spaventò moltissimo! E fu un grandissimo parapiglia, tanto che anche la Rosa di Campo venne lanciata via lontano. E nel parapiglia il bambino-ramo scappò, e nel parapiglia gli animali anche scapparono, e scappando gli animali un procione terrorizzato diede una zampata per sbaglio al pesce sulla Terra che fu lanciato via e che ricadde nel suo Babbo Fiume. E che nuotò via spaventatissimo.
Ma i pesci erano salvi, anche il pesce che era sulla Terra si era salvato e quando il Fiume si calmò non c'era più traccia del bambino-ramo.
Ma neanche della Rosa di Campo.

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La Rosa di Campo, l'Acqua e il Fenicottero Vanitoso



La Rosa di Campo navigava nell'Acqua ormai da tempo e si annoiava. C'era il vantaggio di essere nutrite senza complicazioni ma il Vento era più divertente e parlava di più. Anche le nuvole erano più divertenti dei pesci che dal canto loro ogni tanto andavano ad annusare la Rosa di Campo per vedere se la potevano mangiare. E questo non la rendeva per niente serena.
Ogni tanto il suo amico Vento tornava a trovarla, correva sull'Acqua dove lei galleggiava, la salutava sempre allegro e poi andava via. E alla Rosa di Campo restava sempre un po' di malinconia quando lui volava via.
Di giorno galleggiava, di notte galleggiava, solo quando la Luna tonda brillava si rilassava perchè tutto il fiume diventava d'argento e le piaceva: le sembrava di dormire nella Luna.
Una sera, mentre il Sole tramontava, la Rosa di Campo se ne stava mogia, annoiata e malinconica a guardare sotto il pelo dell'acqua per controllare che nessun pesce le mordesse le foglie quando all'improvviso si sentì agitare dalle onde. Alzò gli occhi e si accorse che il cielo era diventato rosa e anche il fiume sembrava tutto rosa, ma non si sorprese molto perchè era il tramonto e l'Acqua, questo lo aveva imparato, prendeva tanti colori diversi: dal blu all'arancione.
Stava per rigirarsi su se stessa quando si trovò davanti ai petali un uccello grande, grande, con il becco curvo e le penne tutte rosa.
"Sacra Rosa Rampicante! E tu cosa sei?!?" domandò spaventata temendo di fare la fine dell'insalata.
L'uccello la guardò incuriosito e poi alzandosi tutto impettito rispose: "Un Fenicottero!" come se lei avesse dovuto saperlo.
"E cos'è un fenicottero?" chiese lei rassicurata perchè aveva visto che c'erano altri fenicotteri come lui ma non mangiavano piante.
"Eh, no piccina. Non un fenicottero ma un Fenicottero!" precisò il Fenicottero.
"Siamo volatili mia cara, ma molto speciali. Siamo tra i pochi uccelli capaci di stare tanto nel cielo quando nel mare, che poi è come un fiume ma immenso, come dire la mamma di tutti i fiumi: il principio e la fine dell'Acqua ma senza inizio e senza fine" spiegò paziente il Fenicottero.
"Per cui anche l'acqua che bevo io viene dal mare?" chiese la Rosa di Campo.
"Certamente, solo che quando arriva a te ha fatto un lungo, lunghissimo viaggio. Proprio come me: ha volato dal mare al cielo, dal cielo alla Terra e dalla Terra tornerà all'Acqua e niente mai si fermerà ed è per questo che noi Fenicotteri siamo uccelli speciali, perchè non moriamo mai, come l'Acqua" disse lui sedendosi sul fiume, cosa a dire il vero buffa da vedersi: un grosso e strano uccello rosa appollaiato sul fiume invece che in un nido.
"Tutti muoiono... fidati, è meglio che ti prepari o resterai sorpreso quando ti succederà" suggerì con una smorfietta la Rosa di Campo, pensando a quando aveva quasi visto morire il Vento e il Vento, lei credeva, non dovrebbe proprio riuscire a sparire.
"Noi no, cara Rosellina di Campo. Siamo Fenicotteri" sorrise il Fenicottero.
"E quando avete finito di vivere che fine fate?" chiese lei indispettita da tanta convinzione.
"Nasciamo di nuovo" rispose lui calmo, calmo come se fosse una cosa che dovevano sapere tutti.
La Rosa di Campo rimase confusa "Nasceranno altri come voi, dei germogli di Fenicottero ma mica sei sempre tu" cercò di capire a modo suo.
"No, mia cara, e se vuoi capire il segreto dell'Acqua dovrai tentare di capire e tu non lo stai facendo" la riprese lui dolcemente.
"Si invece!" brontolò lei.
"E invece no. Tu cerchi solo di capire pensando a modo tuo. Per capire devi pensare come l'Acqua, perchè pensi di essere qui?" spiegò lui e poi, richiamato da altri Fenicotteri, si allontanò.
La Rosa di Campo era confusa. Provò a capire: se tutti muoiono allora il Fenicottero voleva dire che lui nascendo attraverso i suoi germogli non sarebbe morto mai? Ma le aveva detto che era sbagliato. E allora quante altre spiegazioni c'erano?
Si fece notte e mentre lei dondolava nel fiume i Fenicotteri, con la effe grande, ci si sedevano sopra come cicogne marine: dondolando rosei e pasciuti come palloncini di paese in festa. A dire il vero facevano anche confusione, e poi sembrava ogni tanto qualcuno di loro volesse brucare l'Acqua. La cosa buona era che i pesciolini spaventati scappavano via e non mordicchiavano la Rosa di Campo, che però in tutto quel baccano non riusciva davvero a pensare bene e ad un certo punto di arrabbiò.
"State un po' zitti per piacere! Sto pensando a quello che ha detto il Fenicottero ma fate troppo chiasso e non sento i miei pensieri!" strillò ai Fenicotteri appollaiati sul pelo d'Acqua.
Loro la guardarono e risero -facendo ancora più rumore- e una Fenicottera le spiegò: "E' proprio quello che fai tu, piccola Rosa di Campo! Fai così tanto rumore con i tuoi pensieri che non senti l'Acqua parlare" ridacchiò con se stessa e improvvisamente la Rosa di Campo si avvide che non c'era più rumore. Tutti i Fenicotteri tacevano, e ascoltavano.
Allora stette zitta, zitta anche lei, trattenne il fiato addirittura ma soprattutto trattenne i pensieri. E ascoltò.
"Goccia, goccina, dove andrai domattina? Andrò per la mia strada, che diventa sempre più salata. Goccia, goccina, dove sei stata ieri mattina? Sono stata nel cielo, ho volato e cantato, il Vento mi ha accompagnato. Goccia, goccina, dove sei stata un mese fa? Sono stata nella pioggia, ho bagnato di ricchezza il mondo e nella ricchezza vado tornando. Goccia, goccina, dove andrai fra tanti giorni? Andrò nell'abbondanza, morirò e rinascerò, e poi nel cielo e sulla Terra tornerò..." un coro sussurrava tanto piano e tanto assieme che la Rosa di Campo dovette fare molta, moltissima attenzione per sentirlo. Cantavano ognuna assieme alle altre le gocce goccine del fiume, ma alcune vocine provenivano anche dalle rive, dove gocce goccine di brina di andavano posando sulle foglie, e dal cielo le nuvole cantavano formate da gocce goccine canore. Per questo non le aveva mai sentite, il mondo intero, formato da gocce goccine, cantava.
"Che bello..." sussurrò la Rosa di Campo "...il mondo canta!" notò incantata.
"E' l'Acqua, piccola Rosa di Campo" bisbigliò il Fenicottero che intanto era scivolato vicino a lei.
"L'Acqua canta?" chiese la Rosa di Campo confusa.
"La vita canta, l'Acqua è la vita, è anche la morte ma senza morte. Il mondo canta, e il mondo è la vita, e la morte, ma senza morte. Se comprendi questo allora canterai, e sarai vita e sarai morte ma senza morte" sussurrò il Fenicottero dondolando le parole come fossero note di pentagramma ma cullandole con la rispettosa dolcezza che si deve avere quando si parla con la Luna o con le stelle, sue sorelle.
"Tu lo hai compreso?" annuì la Rosa di Campo che non capiva bene ma capiva che c'era un segreto da capire, e che il Fenicottero lo conosceva.
"Io sono nato sapendolo, io sono un Fenicottero. E' la nostra natura saperlo, per questo siamo vita e morte ma senza morte, e quando perdiamo le piume andiamo a fuoco e quando bruciamo rinasciamo e diventiamo uovo, e dall'uovo torniamo alla vita senza mai avere smesso di viverla. E' per questo, piccola Rosa di Campo, che ci chiamano Araba Fenice: gli uccelli che non muoiono e dalle loro ceneri rinascono: siamo Aria perchè voliamo, siamo Acqua perchè qui mangiamo, siamo Terra perchè lì le uova lasciamo e siamo Fuoco perchè nel fuoco rinasciamo" concluse canticchiando e soddisfatto di essersi rivelato, era un Fenicottero vanitoso.
Fu in quel momento che l'Acqua parlò alla Rosa di Campo per la prima volta, proprio appena il Fenicottero Vanitoso si fu alzato in volo per andare via con i suoi amici Fenicotteri.
Ma dire che parlò sarebbe sbagliato, l'Acqua non parlò eppure parlò. Ma se avesse parlato avrebbe detto proprio queste parole qui:
"Piccola Rosa di Campo, tu non sei un pesce e neppure un Fenicottero, non sei una tartaruga e non sei neppure un'alga. Se tu rimani a lungo tra le Acque della vita e della morte dove tutto è niente e niente è tutto allora marcirai. Per questo insieme a lungo con me non resterai, ma tornare quando vuoi potrai. Domandami ciò che desideri avere ma dillo affinchè io possa dartelo togliendo, o non lo otterrai."
E la Rosa di Campo dovette pensare molto a lungo a queste parole dette senza dirle, perchè non riusciva proprio a capire come si potesse dare qualcosa togliendola.
E il Vento, che correva poco più su, rideva alla Luna che tonda tonda iniziava a calare.


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La Rosa di Campo, il Vento e la Rosa Rossa



La Rosa di Campo volava ormai da tanto tempo.
Aveva imparato a parlare con le Nuvole e le Stelle, ma anche a capire le gocce di pioggia e ad ascoltare la Luna.
Aveva imparato a dare al Vento e a chiedere al Vento.
Si era addirittura dimenticata di cercare un giardino, aveva scordato quanto fosse bello tenere le radici nella Terra. Però aveva imparato a sentire le parole di Mamma Terra.
Il Vento dal canto suo era così contento di avere qualcuno con cui viaggiare! Aveva imparato che stare sempre solo può far dimenticare quanto sia emozionante farsi capire e capire, prendere e dare.
Le Nuvole no, erano sempre Nuvole. Pascolavano serene o inquiete come farebbero delle pecorelle nate da pecore che non hanno mai avuto lupi.
Le Stelle dal canto loro erano troppo prese a rimirar la Luna e a parlottare di cose accadute millenni prima e ancora vive nella memoria dell'infinito come fosse passato un solo giorno.
La Luna e il Sole si rincorrevano come ragazzini innamorati su un prato di fiori ora luminosi e ora aperti e fioccosi.
Mamma Terra ruotava, gli animali mangiavano, le piante crescevano.

"Hei tu!" spaccò il sereno la vocetta impertinente "Hei tu! Ma cosa ti salta nei petali di fare?!?"
La Rosa di Campo si scosse dalla sua calma, ormai aveva preso l'aspetto di una rosa gitana, così abituata a viaggiare da non sorprendersi più di niente.
"Ma dici a me?" domandò guardando in giù.
Sotto di lei c'era un prato di fiori e una rosa rossa come il sangue degli animali la fissava impertinente. Il Vento volava lento e basso e la Rosa di Campo dondolò proprio su di lei.
"Certo che dico a te! Ma cosa di salta nei petali di combinare? Una Rosa che vola non si è mai vista!?" disse indispettita la rosellina rossa indicando con una fogliolina il cielo.
"Non penso proprio siano affari tuoi, tu stai bene lì e io qui!" brontolò la Rosa di Campo rigirandosi verso le nuvole che le facevano ombra e le davano gocce di pioggia fresca.
"Ma cosa ravanello dici?! Tu sei una rosa, io sono una rosa e ti riconosco, me ne intendo di rose! Tu devi stare con le radici nella Terra, non tra le nuvole!" strillò la Rosa Rossa arrabbiatissima.
"Ma insomma... si può sapere che fastidio ti da che io stia qui?" domandò innervosita la Rosa di Campo alla Rosa Rossa.
"Non è sano, cara la mia signorina, non è sano e non ti fa bene per niente" sentenziò la Rosa Rossa incrociando i petali quasi a pungersi.
Il Vento si placò e depositò piano la Rosa di Campo, era curioso. Provò a dire qualcosa ma la Rosa Rossa non lo capiva e appena lo sentiva.
"Il Vento vuole sapere perchè non è sano" disse la Rosa di Campo, ma solo per fare un favore al Vento.
"Come perchè? Il Vento allora è stupido oltre che egoista!" si sorprese la Rosa Rossa aggrottando un petalo.
La Rosa di Campo lo trovava un fiore invadente e petulante, però era una bella rosa e strana: aveva un bocciolo pieno di petali come fosse un ventaglio chiuso e tante spine da scoraggiare anche il più cattivo rampicante a frequentarlo, e ogni fogliolina contava tante ditine da sembrare due foglioline delle sue.
"Ma che rosa di campo sei tu, a parte essere saccente come una Bocca di Leone?" domandò alla Rosa Rossa.
"Sono una Rosa Antica, io! E non sono una rosa di campo, tu sei una rosa di campo!" brontolò la Rosa Rossa indispettita.
"Una Rosa Antica?!?" si meravigliò la Rosa di Campo che non ne aveva mai sentito parlare.
"Certo. Ma non sono io il problema bensì tu! Una rosa che vola e che è ancora viva. Solo le rose morte possono volare o quelle che l'uomo strappa dalle radici per sacrificarle quando ama qualcuno" disse la Rosa Rossa alzando i petali.
"Cosa fa l'uomo??" si spaventò la Rosa di Campo che essendo di campo non conosceva i fiori dell'uomo.
"L'uomo quando ama sacrifica un pezzo di cuore alla Terra, in cambio porta una rosa a chi ama come prova del suo sacrificio. Lo sanno anche i boccioli!" brontolò la Rosa Rossa.
"Tu sei un bocciolo?" chiese la Rosa di Campo.
"No, io sono una rosa antica! Uffa... e poi questo non cambia che tu sei una rosa senza Terra. Non esiste pianta senza Terra, solo quelle che preferiscono vivere con l'Acqua e non sono rose!" puntualizzò scuotendo i petali la Rosa Rossa che sembrava un leone di fuoco tanto ne era piena.
"Io... io stavo volando... si, perchè..." cercò di ricordare la Rosa di Campo "Perchè cercavo un giardino!" ricordò.
"E lo fai volando? E come mangi?" si incuriosì la Rosa Rossa.
"Le Nuvole mi danno l'acqua" annuì convinta la Rosa di Campo.
"Si ma le tue radici, guarda lì: si stanno consumando perchè non hanno minerali!" indicò con una fogliolina la Rosa Rossa. Poi sospirò e iniziò a scuotersi tutta, il terriccio si scosse e la rosa saltò di lato.
"Ecco, mettiti un po' qui" indicò la terra smossa accanto alle sue radici.
"Ma non posso! Come faccio a saltare lì?" si lamentò la Rosa di Campo.
"Uffa, porgimi una foglia" propose la Rosa Rossa e quando la foglia gli fu vicina abbastanza allungò una delle sue e con le tante ditine che aveva la afferrò e la tirò forte finchè la Rosa di Campo non si ritrovò nella Terra.

"Bentornata Bambina!" mormorò attraverso ogni radice e fusto e rametto e fogliolina e petalo Mamma Terra, senza bisogno di alberi o cervi per parlare. E la Rosa di Campo si addormentò di colpo.
Il Vento rimase lì, stupito e preoccupato assieme.
La Rosa Rossa lo guardò male e poi disse "Bell'amico che sei! Tu ti senti solo e porti in giro lei, ma lei è una rosa e non appartiene al tuo mondo. Ci puoi venire a salutare, ti puoi anche fermare e puoi anche strapparci via ma non potrai mai averci come figli perchè noi siamo, e sempre saremo, creature della Terra!" poi inspirò contrariata e si voltò dandogli il retrocorolla.
Il Vento si dispiacque e si fece tanto mogio che sembrava non tirare più.
Passò un giorno, poi due e poi tre.
La Rosa di Campo intanto mutava, nuovi petali crescevano da rosa quasi rossa diventava, le foglie smeraldo sembravano brillare e il fusto sempre più diritto puntava ora il Sole e ora la Luna come a volerli indicare.
La Rosa Rossa accanto parlottava con gli altri fiori raccontando la strana storia della Rosa di Campo.

Allo scadere del terzo giorno di avvicinò un pettirosso.
Poi due, tre e quattro e ben presto ogni rami d'albero fu pieno di uccellini e uccelloni, dai canterini ai rapaci. Il Pettirosso che era più vicino alle rose parlò per tutti.
"Amico Vento noi abbiamo sentito che ti accompagni con una Rosa di Campo e saremmo curiosi di capire il perchè visto che i tuoi amici naturali siamo noi e non i fiori" e un Aquilotto brontolò "Io sarei anche un po' geloso! Cosa ci si trova in un fiore che le piume non abbiano?".
Il Vento allora spiegò loro che voleva fare un favore alla Rosa di Campo che se stava sola sola nel campo, che desiderava trovarle un giardino dove potesse stare tranquilla con altri fiori a parlare. E che volando e volando aveva imparato a volerle bene perchè gli uccelli si sa ti stanno vicini ma poi volano via. Il Vento era molto imbarazzato e anche un poco confuso.
"Ma è per questo buon Vento che noi siamo amici tuoi e i fiori no, perchè la nostra natura è uguale alla tua e la loro uguale alla Terra: lei non va mai via" spiegò un Saggio Gufo con la testa piegata.
"E poi la tua natura amico Vento non è quella d'accompagnarti con fiori o animali..." intervenne la Civetta che è uno dei tre uccelli più sapienti del mondo e lo sanno tutti, anche i sassi di ruscello, "...se cerchi compagnia, amico Vento, è alla Terra che hai da parlare, all'Acqua, al Fuoco, al Sole o alla Luna. Noi siamo vostri figli e tra noi parliamo. Guarda!" disse aprendo le ali e volando vicino alle rose.
"Rosa di Campo..." sussurrò la Civetta, e la Rosa di Campo si svegliò "Ben tornata nel bosco, Rosa di Campo. Il nostro amico Vento dice che hai bisogno di un giardino, è vero?" la rosellina intimidita da quel grande rapace così gentile annuì senza dire nulla.
La Civetta allora alzò il suo becco ed emise un grido acuto che fece scappare i conigli, poi i conigli ricordatisi che la Civetta chiamava il Grande Saggio del bosco tornarono perchè lei non badava a loro.
"Stai tranquilla rosellina, ora parleremo al Grande Saggio dell'Aria e troveremo una soluzione" alzò il capo in attesa e con la coda dell'occhio fece l'occhiolino al Vento.
Di lì a poco si udì una frusciare d'ali possente, nel cielo del primo mattino si vide una graaande macchia bianca e gli uccelli tutti si spostarono e per fargli spazio.
Il Barbagianni era giunto.
La Civetta e il Gufo gli spiegarono cosa accadeva e lui rise piano e sommesso.
"Fratello Vento ti domandiamo perdono se ti abbiamo trascurato" poi si rivolse alla Rosa Rossa "Molto bene Rosa Antica, tua madre è fiera di te?" la Rosa Rossa annuì con supponenza, sapeva bene cosa faceva piacere a Mamma Terra lei, che era la civetta delle piante: uno dei fiori più belli tra i fiori del bosco!
Infine il Barbagianni guardò la Rosa di Campo "Dunque a te, fiorellino, serve un buon giardino. Il Vento racconta le tue avventure e le tue storie, gli animali e i ruscelli parlano di te e toccherà a noi, figli del Vento, trovare casa alla sua amica e figlia della Terra. Tu sei bentornata alla Terra e benvenuta nel mondo dell'Aria, piccolo fiore e per te serve un giardino speciale" annunciò aprendo piano le grandissime ali bianche come nuvole.
"Dunque volate uccelli, volate tutti prima ancora che il vento giunga e cercate un giardino per la Figlia della Terra, amica del Vento!".
Gli uccelli allora volarono, in ogni direzione andarono, ovunque di dispersero, corsero via veloci più dell'Aria e i conigli abbassarono le teste dubbiosi che gli scappasse voglia di fare prima del viaggio uno spuntino.
Anche il Barbagianni era sparito e il anche il Gufo. Solo la Civetta era rimasta e sorridendo dal suo becco curvo spiegò al Vento: "Vedi che non sei solo? Non lo sei mai stato né mai lo sarai. Ma tua sorella Terra si che è sola, le hai tolto una figlia per portartela con te e ora le manca. Noi ci impegniamo a volare di più e a giocare con te se tu ti impegni a ridare a tua sorella sua figlia" il Vento soffiò sulla Terra chiedendo scusa, si era solo dimenticato e non voleva che lei stesse sola.

Mamma Terra allora parlò facendo spuntare il fiore più bello di ogni fiore, non solo del bosco ma del mondo: un Fiore d'Ortica.
"Hai insegnato alla Rosa di Campo molte cose, molte ancora ha da imparare e a casa tu non la puoi portare. E' tempo che nostra sorella l'accudisca e la porti a casa da me" e detto questo il fiore d'ortica si scosse e non parlò più.
Proprio in quel momento la terra tra le radici della Rosa di Campo si fece umida. Lei spaventata domandò al vento "Ora non ti vedrò più? Non saremo più amici e non viaggeremo più?".
La Civetta, intanto volata su un ramo la rassicurò "Lui ti seguirà e noi lo precederemo. Saluta tua sorella la Rosa Rossa e anche Mamma Terra!"
Le roselline si abbracciarono e senza volerlo la Rosa Rossa punzecchiò la Rosa di Campo che si scosse un momento prima di scivolare via.
L'Acqua del ruscello, uscita dagli argini, la portò via.
Fu così che la Rosa di Campo iniziò a navigare. Sulla sua corolla il Vento soffiava e correva, prima di lui gli uccelli volavano, e tra le sue foglioline un petalo rosso come il sangue degli animali l'accompagnò.



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La Rosa di Campo, l'Acqua e mamma Terra



La Rosa di Campo volava nel Vento quando improvvisamente si ritrovò su di una nuvola.
Si guardò intorno e si accorse che il Vento aveva smesso di soffiare, sembrava affaticato. E questo per il Vento non è normale visto che la sua natura è muoversi sempre senza fermarsi mai.
“Che cos’hai Vento?” domandò la Rosa di Campo.
“Manca l’aria!” spiegò il Vento mentre ansimava.
La Rosa di Campo rimase sorpresa perché in vita sua aveva sempre pensato che il Vento fosse Aria oppure al massimo che fossero fratelli, e se c’era uno non poteva mancare l’altra. Non sapeva come fare perché era su una nuvola e non aveva mai imparato a fabbricare l’Aria.
Così provò a chiamarla: Aria! Aria! Ma l’Aria non rispose.
La nuvola sotto di lei era carica di pioggia, la pioggia nella sua pancia gorgogliava come un fiume sotterraneo e anche se era dentro una nuvola era Acqua viva. La nuvola però non sapeva neanche lei cosa fare e mentre il Vento ansimava la Rosa di Campo si preoccupava.
Rimasero così a guardarsi tutti e quattro: la Rosa di Campo preoccupata, il Vento che ansimava, la nuvola che osservava e la pioggia viva che gorgogliava.
Il Vento dal canto suo stava sempre peggio e la Rosa di Campo iniziava ad intristirsi. Provò a dirsi che il Vento è infinito e immortale e che qualsiasi cosa sarebbe accaduta non poteva svanire nel nulla del Secco; che si sa: quando qualcuno se ne va rimane solo la polvere del Secco se è stato buono, i cattivi invece odorano di cattivo e diventano Marci, che è quello che avevano nel cuore anche quando c’erano. Il Vento era buono, ma siccome era infinitivo e immortale non poteva seccare. Nessuno, neanche le grandi querce, hanno mai visto dell’Aria seccarsi.
Ma poi si accorse che se al Vento mancava l’aria allora non era Aria e allora si preoccupò di nuovo… magari anche la non-Aria poteva seccare…
Mentre la Rosa di Campo si preoccupava, tanto perché non trovava niente di meglio da fare per dimostrare quanto volesse bene al Vento e quanto lo volesse aiutare, la nuvola sotto di lei sussultò, emise un rantolo e la pioggia scese felice da lei verso la Terra.
La Rosa di Campo si infastidì: stupida pioggia che come germogli prima-foglia è contenta di scappare via e vivere come fiume e lago e mare invece di intristirsi per il Vento che sta male!
La pioggia davvero era contenta, le goccine facevano la coda per uscire e tutte eccitate saltavano giù gridando di gioia: yuppi!
Un goccina di pioggia però non saltò. Si arrampicò su Mamma-Nuvola e con fatica si avvicinò alla Rosa di Campo, la superò e guardò il Vento. Il Vento guardò la goccia di pioggia e sembrò respirare meglio. La goccina di pioggia sorrise al Vento e lui inspirò. La Rosa di Campo era un po’ gelosa perché era lei amica del Vento e non riusciva ad aiutarlo, però era anche contenta che lui stesse meglio. La goccina inspirò Acqua dall’Aria, si inchinò al Vento e saltò verso Mamma-Terra.
Il Vento riprese a soffrire e la Rosa di Campo si arrabbiò. Rimase arrabbiata per un bel po’ e il Vento stava sempre più male. La nuvola sotto di lei restava a guardare e la Rosa di Campo si arrabbiò anche con lei che non faceva niente.
Scese la sera e la Luna aprì il suo occhio dalle lunghe ciglia sul mondo allora la Rosa di Campo provò a chiedere a lei ma lei non disse niente. Rimase il silenzio, mentre il Vento iniziava a scomparire.
“È così allora che succede al Vento? Scompare senza seccare?” si disse spaventata la Rosa di Campo.
Vicino a loro degli uccelli volavano via senza avvicinarsi o almeno guardare. Questo faceva male alla Rosa di Campo, tanta indifferenza per il Vento che era amico delle nuvole, che rendeva più bella la Luna allontanandole ogni cosa le passasse davanti, che aiutava gli uccelli nel volo. In fondo lei avrebbe potuto prendersela con il Vento che l’aveva portata via dal suo campo e non l’aveva depositata ancora da nessuna parte però gli era amica e non era indifferente. Era forse questo giusto? Era lei a sbagliare e a vivere nei suoi petali ogni cosa come fosse sua?
Si afflosciò sulla nuvola e la testolina cadde un poco fuori, distratta guardava la Terra dormire, la sua Mamma lontana a causa del Vento.
Giù in fondo c’era un fiume che scorreva impetuoso ed eccitato per le goccine di pioggia che si era mangiato. Il fiume gorgogliò da tanto sotto di lei. Tutto proseguiva normalmente e felicemente mentre il Vento scompariva e lei soffriva, la Rosa di Campo non lo trovava giusto.
Un cervo andò a bere nel fiume, si guardò intorno come se avesse sentito qualcosa e poi alzò il capo in alto, allora emise un verso forte, forte che arrivò alle nuvole. Mamma Terra parlava in tanti modi strani: Cos’è l’Aria, Rosa di Campo?
La Rosa di Campo si risvegliò dal suo torpore perché si sa che quando Mamma-Terra chiama ogni pianta si sveglia.
“Non lo so! Pensavo fosse il Vento!” gridò la Rosa di Campo senza capire che Mamma-Terra sente tutto ovunque senza bisogno di urlare.
“E cos’è il Vento?” gridò il cervo, con i piedi su Mamma-Terra, che parlava per lei.
La Rosa di Campo, che ora riusciva a pensare perché parlava con sua madre non capì subito ma poi ricordò la goccina di pioggia e comprese.
Allora si tirò su con i petali stanchi, strisciò le sue radici umide, si sforzò tanto perché non è nella natura delle piante muoversi senza Vento, ma dopo tanta fatica riuscì ad avvicinarsi al Vento con la testolina.
“Vento, io ti voglio bene” sussurrò esausta. E il Vento soffiò.
E la Rosa di Campo si ritrovò di nuovo sulle ali del Vento a correre, vorticarono assieme come ballando e poi il Vento scese verso il fiume. Il cervo scosse il capo annuendo e Mamma-Terra sorrise. Allora ogni pianta si alzò, allora gli alberi cantarono, gli uccelli volarono nel Vento, il Fiume si agitò e i pesci danzarono fuori e dentro l’acqua, e le nuvole corsero ovunque come germogli e la Luna dall’alto illuminò la valle e parlò: Se dimentichi di amare perché sei troppo presa a volare, se dimentichi di amare perché sei troppo presa a preoccupare, se ti dimentichi di esistere allora anche il Vento scompare e da nessuna parte potrai da sola arrivare.
La Rosa di Campo fece con un petalo una carezza al Vento, poi si concentrò e lasciò cadere il petalo sulla Terra, sorrise e assieme al Vento volò via in cerca del suo giardino.
Mamma terra aprì il suo corpo e fece entrare il petalo, un semino c’era dentro che in silenzio, nella notte, iniziò a germogliare. Un semino d’affetto che il Fiume si impegnò a innaffiare e la Luna ad illuminare.
Così fu che la Rosa di Campo si consacrò ad amare, per amore del Vento, di Mamma-Terra, della Luna e di suo marito il Sole, per amore del Fiume che conteneva una goccina d’Acqua d’Amore che facendone parte lo aveva trasformato in amore a lui stesso; e che quell’amore andava ad ogni pianta nutrendola, poi sulle nuvole e poi riscendeva cadendo in capo a chiunque, cervo compreso, trasformando tutti in piccoli amori.
Sempre ammesso che non fossero troppo distratti per accorgersene...


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La Rosa di Campo, il Cantamaggio e il Germoglio



Il Tempo passava sulla Rosa di Campo, sul Vento e sul Cantamaggio e passando scorreva, e scorrendo si portava via qualcosa con se, perché il Tempo è appiccicoso e quando ti passa sopra si porta sempre via qualcosa come lo scotch.
La Rosa di Campo iniziava ad appassire perché non aveva Terra ma neanche Acqua stando sotto il Cantamaggio che la beveva tutta senza volere così che a lei non ne arrivava abbastanza, ma non le importava affatto. Era stanca di girare, era stanca di resistere e pensava al suo petalo che non c’era più.
Il Vento avrebbe voluto avvicinarsi e portarla tra le nuvole a bere ma appena scivolava vicino sentiva il suo odio e scappava via spaventato.
Il Cantamaggio cantava anche se non era Maggio, aveva tanti fiori anche se non avrebbe dovuto averli ma nessuno se ne curava e a lui la cosa non lo infastidiva troppo perché era allegro e pensava ai fatti suoi.
Mentre le prime due foglioline della Rosa di Campo caddero qualcosa sotto di lei brontolò. Per un momento la Rosa di Campo pensò che fosse la Terra che si offendeva perché le sue foglioline secche l’avevano sporcata ma poi si accorse che era una vocetta piccina picciò e che la Terra, lo sanno tutti, ha una voce dolce e profonda come una grotta calda e asciutta.
Permesso, capperini, come sei pesante, permesso, permesso, ti devi spostare, spostati!, chi sei? Che vuoi? Questa è casa mia, spostati più il là o vola via, permesso, permesso, fatemi passare!” strillava acuta la vocetta ma la Rosa di Campo, essendo una rosa, non aveva né i piedi né le mani per spostarsi.
Allora il Cantamaggio strizzò l’occhio al Vento che gli spinse un ramo pendulo e i suoi fiorellini facendosi forza sfiorarono la Rosa di Campo che si spostò.
Così da dove stava lei si alzò all’improvviso un Germoglio agitato che si guardò intorno “Ho fame, ho sete, voglio Sole, voglio Acqua, chi è l’incosciente che mi stava sopra? Non c’è più rispetto: non si va a morire dove gli altri nascono!” pigolò offeso voltandosi a destra e a sinistra “Chi siete? Dove sono? Oh, noooo!” esclamò vedendo il grande Cantamaggio.
Povero semino!“ mormorò la Rosa di Campo “Sei andato a nascere proprio sotto il grande Cantamaggio che non ti farà arrivare l’acqua e ruberà tutta la tua pappa dalla Terra con le sue grandi radici, e la sua chioma pendula rapirà il Sole che non baciandoti ti farà diventare giallo, poi fino, fino finché non morirai come il mio petalo perso”.
Il Germoglio intanto aveva capito da solo di essere nato in un prato dove per lui non c’era spazio e si era intristito.
Il Cantamaggio dal canto suo aveva smesso di cantare, succedeva ogni anno che qualche Germoglio nascesse sotto di lui e poi morisse, li ascoltava intristirsi e piangere finché non li sentiva più e ogni volta si dispiaceva tanto che perdeva infiniti petali. Ma i petali che perdeva soffocavano i germogli, così cercava di non farli cadere perché almeno i piccolini vivessero un poco di più.
La Rosa di Campo era dispiaciuta per il Germoglio, che ora non pigolava più e si limitava a respirare aspettando che il suo destino di compisse.
Dovevo restare nel mio campo! È tutta colpa tua, Vento!” esclamò la Rosa di Campo contro il Vento arrabbiata perché non poteva fare niente. Il Vento la sentì e pensò, poi si accorse che poteva fare qualcosa e corse via. Tutti furono sorpresi di vederlo volare via, tutti tranne il Germoglio triste, triste che aspettava il suo destino.
Quando tornò dalla Rosa di Campo il Vento non le chiese il permesso e la spostò su un ramo del Cantamaggio, che siccome era più vecchio capiva più cose ed era tornato di buon umore.
Il Vento scese di nuovo a Terra e soffiò forte, dondolò e soffio per un giorno intero sul Germoglio. La Rosa di Campo guardava e guardando ricordò e capì: il Vento stava tirando via il Germoglio dalla Terra come aveva fatto con lei; voleva portarlo con sé al posto della Rosa di Campo? O forse voleva portarli via entrambi, le sarebbe piaciuto fare la strada con il Germoglio, così anche se aveva perso un petalo ora avrebbe avuto un Germoglio!
Il Germoglio spaventato pianse e strillò, la Rosa di Campo gli diceva di stare tranquillo ma lui non l’ascoltò come lei non aveva ascoltato la Terra. Strilla, urla e piangi il Vento riuscì a tirare via il Germoglio più facilmente della Rosa di Campo perché era piccolo, piccolo e aveva radici corte, corte. Si alzarono in volo e scomparvero via.
La Rosa di Campo scosse i petali pensando “Mi ha lasciata qui a seccare, non mi importa tanto va già tutto male” ma il Vento tornò subito e senza chiederle il permesso volò il alto e chiamò le nuvole che vedendola così secca e rovinata piansero di corsa per farla bere. E anche se lei non voleva bere bevve, perché non poteva evitare di farlo come non poteva evitare di respirare... era nella sua natura bere.
Quando il Vento si avvide che stava meglio la fece scendere dolcemente verso gli alberi e la Terra fino a una collina verde smeraldo.
Sotto la collina scorreva un ruscello che non era giovane né vecchio perché i corsi d’acqua, lo sanno tutti, non hanno età. Le sue acque allegre bagnavano la collina dall’interno e la collina era allegra e piena di erba che fischiava all’aria motivetti originali, le erbe di campo che se ne stavano lì era pasciute e divertite e parlavano tra loro di quello che accadeva sulla collina.
In cima alla collina, a guardare la valle sottostante dritto e orgoglioso se ne stava il Germoglio con la sua fogliolina al Vento e gli occhi all’orizzonte.
Sotto la collina, nella valle, se ne stava il Cantamaggio che dondolando a ritmo cantava una canzone allegra che salutava la nascita di una nuova pianta e la Rosa di Campo si accorse che la canzone arrivava in ogni angolo della valle e fin sulla collina e proprio di questo parlavano le erbe di campo: è nato un Ulivo piccino, picciò che diventerà grande e grosso e tanta ombra fresca in Estate ci farà!
E il Cantamaggio cantava la storia di una “Rosa di Campo senza petali tranne uno che non c’era” che si era posata sopra un “Germoglio nato dove per lui non c’era posto” e che siccome aveva un favore da chiedere al Vento era riuscita a spostare il “Germoglio nato dove per lui non c’era posto” e permettergli di crescere e diventare un forte Ulivo, che tutti sanno, avrebbe donato saggezza e benessere a tutta la valle perché gli Ulivi portano fortuna.
Il Vento guardò la Rosa di Campo speranzoso, lei sorrise un poco e lui iniziò a girare di corsa su tutta la valle e la collina contento.
Non che lei ora si fidasse proprio di lui ma era disposta a volare di nuovo in lui. O almeno a riprovare.


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