La Rosa di Campo, il Tempo, il Fiume e il Vento

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La Rosa di Campo volava nel Vento, ancora spaventata aveva preso a guardare il mondo da quella veloce altezza.
E il Vento correva, correva e si soffermava, le donava piccoli angoli di esistenza e poi riprendeva, giocava e si faceva quieto per la notte.
La Rosa di Campo guardava e il Vento volava.
Le Nuvole ascoltavano il Vento narrare, poi bagnavano la Rosa di Campo, a lei mancava sempre più la Terra, però si abituava.
Un giorno il Vento decise di fermarsi per un po’ in una via e soffiò prima in su e poi in giù senza stancarsi, quello era il modo di fermarsi del Vento: senza fermarsi mai.
Così la Rosa di Campo conobbe un uomo che ogni giorno si svegliava, ogni giorno mangiava e si lavava, ogni giorno lavorava, ogni giorno a casa tornava, e ogni giorno si addormentava. Era un uomo triste e la sera pensava: gli sarebbe piaciuto essere speciale, e se proprio non poteva esserlo che almeno qualcuno lo trovasse tale. All’uomo piaceva viaggiare, ascoltare e imparare ma aveva smesso di leggere, viaggiare e dialogare.
Il Vento riprese a volare e la Rosa vide allontanarsi la finestra dell’uomo prigioniero del suo voler essere speciale che lo rendeva poi veramente a tanti uguale.
La Rosa di Campo si domandò se volesse essere speciale e si rispose di no, lei voleva solo che qualcuno sapesse indovinare quanti petali avesse fino al cuore e non perché così le avrebbe dimostrato interesse ma perché così le avrebbe potuto rispondere in quanto lei stessa lo ignorava.
Poi il Vento soffiò lungo una piazza, girò intorno senza rispettare alcuna precedenza (al Vento non piace lo si metta al livello degli esseri umani o degli animali almeno che non siano selvaggi e senza regole di precedenza, come i Rom o i gabbiani) e mostrò alla Rosa di Campo giovani uomini e donne.
Molti di essi non volevano morire, allora per evitarlo evitavano di invecchiare e la Rosa di Campo non riusciva a capire chi fosse adolescente e chi fosse adulto. Poi il Vento passò più vicino a loro e lei si accorse che alcuni avevano il volto solcato dalle rughe profonde dell’insoddisfazione e gli occhi spenti dalla frustrazione e capì che loro erano morti prima ancora di sbocciare perché avevano perso il Tempo (che anche lui è molto permaloso, anche più del Vento).
E mentre il Vento la portava via la Rosa di Campo guardò allontanarsi i veri giovani con gli occhi accesi dall’incoscienza di chi si pensa immortale e nessun destino davanti, perché il destino lo ha ancora stretto in mano.
E capì che ogni cosa ha il suo Tempo e che recuperare il Tempo è la cosa più difficile che ci sia perché prima di farlo si deve smettere di odiarlo e poi farsi anche perdonare.
La Rosa di Campo chiese alla Luna che intanto compariva nel cielo perché il Tempo fosse tanto odiato e perché lui, il Tempo, non lo capisse.
La Luna dondolò su se stessa prima piano, poi più forte e poi, di colpo, si ribaltò. La Rosa di Campo si spaventò, ma poi si avvide che formava un sorriso nel cielo.
E la Luna disse che il Tempo faceva paura ad alcuni perché scorreva come un fiume senza fermarsi mai, e così loro per dispetto si fermavano e stretti e piccoli restavano, ma questo non era giusto perché loro non erano né Tempo, né Vento, né Fiume.
Poi borbottò infastidita e allontanò una stella piccina picciò che le stava proprio sotto la curva di luna… ecco vedi? Disse la Luna. Come questa stellina qui che mi sta sempre vicina come fosse Luna anche lei. Ognuno ha la sua Natura, Rosa di Campo, e se cambi Natura la natura si offende, e i figli della nuova Natura alla cui porta bussi non ti aprono perché non ti hanno mandata a chiamare. Tu vuoi essere uccello o nuvola?
No, no, rispose la Rosa di Campo, io vorrei un bel giardino con tanti fiori con cui parlare, acqua buona e terra salda.
La Luna allora sorrise, dondolò, e si rigirò.
La stellina intanto era stata allontanata e scivolò nella Via Lattea, lì la Rosa di Campo la vide scomparire fra tante altre stelline.
Sospirò e si addormentò nel Vento, sognando una terra fertile e dell’acqua che venisse da sotto e non sempre da sopra.




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Ritratto di idiosincrasie e attrattive del mondo che si cela davanti e oltre lo Specchio.
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