La Rosa di Campo volava da così tanto tempo da pensare di aver smesso, dondolava nel Vento e si cullava in sogni di giardini fioriti e ogni tanto si immalinconiva al ricordo del suo campo di erbe di campo. Il Vento danzava con le nuvole dell'Estate alzando le gonne felici di donne accaldate, cullava la Rosa di Campo e giocava, giocava e cantava. Le nuvole correvano volando con il Vento e la Rosa di Campo come cavalli selvaggi, riposavano alla sera addormentandosi alla vista della Luna e sorridevano al mattino alla vista del Sole. E tutto era così naturale e la vita era così uguale istante dopo istante che il Tempo fuggiva, si fermava, giocava a nascondarella e mai sembrava passare.
Ma improvvisamente il Vento virò come un falco che abbia scorto una preda, corse tanto veloce che la Rosa di Campo ebbe paura di cadere, e in effetti cadde: il Vento andò in picchiata verso una casa nel mezzo della campagna attirato da musiche antiche e colori sgargianti persi tra il verde smeraldo dell’erba nutrita da buona acqua. E la Rosa di Campo planò con lui aprendo i petali all’aria e trovandosi posata sul bianco candido di un grande ombrello, nel mezzo del prato, del mezzo del campo.
Prima ancora di aprire gli occhi la Rosa di Campo sentì la musica e le risa, il Vento cantava allegro e vorticava attorno a una Vecchina allegra con i capelli rossi di Fuoco. Vide bambini correre sull’erba a piedi nudi, stoffe dondolare dai rami di grandi alberi allegri, uomini e donne lentamente adagiati sui prati si riposavano, ridevano, suonava e camminavano fra loro vestiti di colori e di espressioni serene e vivaci. Davanti a una casa due uomini suonavano senza badare al caldo dell’Estate, fra gli uomini una donna danzava, una si eccitava commossa, alcune tessevano, altre insegnavano, qualcuno beveva, qualcuno mangiava, qualcuno guardava con la sorpresa negli occhi bambini e affamati. Su di loro la grande casa oscurava di fresca ombra con i suoi colori, la Rosa di Campo scorse prima i colori dei Giochi dipinti sui muri, poi quelli sugli scalini che portavano dentro.
E il Vento la portò nella grande casa: la culla piena di libri, le erbe sulla cucina vecchia come il mondo, e marionette, carte del futuro, quadri che facevano girare la testa, argilla e pelli d’animale ovunque, fino al grande trono con le corna e le pelli bianche di erbivori del Nord, fino ai disegni del Fuoco e al nido dove riposavano le rondini. Poi la volò fuori, passando fra le Rose grandi e felici del giardino, fra i Girasoli sgranati come grida di bambini e la Lavanda profumata come i ricordi, fra le Peonie vanitose e le erbe di campo sagge, e volando e volando la posò fra le mani della Vecchina dai Capelli Rossi come Fuoco.
La Vecchina accolse la Rosa di Campo di verde vestita, le sorrise e la lanciò in aria benedicendola di sorpresa, e sorridendo di gioia le ricordò: tu sei una fata.
E la fata aprì un occhio, uno solo. E Sorrise.
E la Rosa di Campo stordita volò ancora con il Vento, sentendo dentro di sé un sorriso e fuori di sé un occhio aperto.
E piano a piano si ricordò…
(dedicata a D.: che il Deserto canti sempre assieme a te, ieri, oggi, domani e per sempre. Piccola Grande Sorella, grazie.)
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