Il Bambino Melograno
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In un mondo al di la del mondo. Dove i suoni danzavano assieme silenzio, viveva un bambino con i capelli di grano. Il bambino era nato un giorno da un fiore di melograno e sua Madre trovandolo in giardino, non ebbe cuore di lasciare sull'albero quel perfetto bocciolo.
Il bambino melograno era piccolo, ma così piccolo che lo si sarebbe potuto benissimo tenere sul palmo di una mano. E lui, che la natura aveva fatto furbo come le volpi che abitavano il giardino, si nascondeva negli angoli per non farsi trovare perché amava guardare i grandi dai luoghi più nascosti. Perché sapete questo bambino nato dal nulla aveva paura di tutto, ma proprio di tutto. Tanto che il giorno in cui era nato una gazza si fermò a guardarlo nel bocciolo pensando di aver trovato una gemma, e gli sorrise dicendo “che bello che sei” e lui per lo spavento perse la parola. Così la Mamma, che sapeva cogliere i frutti quando è tempo, gli insegnò ad usare la lingua delle fate che non aveva parole ma solo sussurri e segni.
Nella casa rossa al centro del giardino aveva vissuto con tutti quelli che la Mamma aveva accolto negli anni: un babau che non voleva fare paura a nessuno, ma che purtroppo nonostante gli sforzi otteneva scarsi risultati; una fata con un un’ombra a forma di drago che a volte, quando meno te lo aspettavi, partiva di singhiozzo e bruciava le pareti della casa; un bambino vanitoso ma così vanitoso da litigare con il proprio riflesso su chi fosse più bello, lanciandogli insulti e pernacchie che, si sa, gli specchi rimandano indietro di santa ragione; e una bambina saetta trovata durante un temporale, che ogni tanto starnutendo lanciava fulmini e saette e invece di piangere, come fanno tutte le bambine normali, faceva piovere dentro casa e visto che piangeva tanto, alla fine restavano sempre allagati.
Un giorno di un anno qualunque, nella casa rossa al centro del giardino successe un fatto strano. Il bambino, svegliandosi dalla scatola di fiammiferi posta sul comodino del bambino vanitoso nella quale dormiva, sentì solo silenzio. Di scatto si alzò, perché era cosa risaputa che il bambino vanitoso russasse rumorosamente per tener sveglio di notte il suo riflesso, in modo da fargli venire gli occhi pesti. Il letto del bambino vanitoso era misteriosamente vuoto. Il bambino melograno allora, scese velocemente dal comodino con la scala di bastoncini di gelato che il babau che non voleva fare paura gli aveva costruito, e che lui aveva cominciato ad usare, solo dopo aver costretto i topolini di casa ad andare su e giù per un giorno intero, per vedere se fosse una trappola.
Sceso lesto sul pavimento di legno, il bambino melograno corse dritto dritto in cucina dove, sapeva, la mamma a quell’ora era intenta a preparare i biscotti al cioccolato che gli serviva ogni mattina. Ma la cucina era inspiegabilmente vuota. Neppure i biscotti erano pronti, cosa che lo indispettì alquanto.
Allora preso dalla paura cominciò a gridare “Mamma, mamma dove sei?!?” nella lingua fatata che aveva appreso da piccolo. Ma nessuno gli rispose, neppure la bambina saetta che di solito non perdeva mai occasione per parlare di piogge e temporali.
Il bambino melograno si fece prendere dal panico “Sono solo, mi hanno lasciato solo!” pensò sbarrando gli occhi grandi “Ma come è possibile che siano tutti spariti” si chiese. Un pensiero terribile gli sovvenne: si ricordò infatti che la Mamma una notte mettendolo a letto, gli parlò dei Mangiasorrisi esseri appartenenti alla famiglia dei trolls che andavano in cerca delle persone felici, e quando le trovavano Gnam! si pappavano tutta la felicità lasciandoli senza più risate.
Il bambino melograno sussultò e senza indugio tirò le somme : “I mangiasorrisi sono passati di qua e hanno rapito la mia Famiglia, e visto che io quando rido non emetto suoni mi hanno lasciato dormire” pensò. Anche le formiche che l’avevano seguito in cucina annuirono terrorizzate alle conclusioni del bambino melograno.
“Devo trovarli” decise repentino “non mi piace stare solo!” disse alle formiche che gli si erano raccolte intorno “Mi mancano tutti, persino il bambino vanitoso e quello scemo del suo riflesso, e poi...” sentenziò “...ho fame di biscotti al cioccolato!”.
Dopo aver preso la decisione il bambino melograno chiamò a raccolta i topolini di casa “Topi...” disse “...io ora vado in cerca della Mamma, fate la guardia alla casa!” disse con faccia seriosa “Salverò la mia Famiglia dai Mangiasorrisi e li riporterò indietro sani e salvi!”. I topini che erano abituati alle stranezze del bambino melograno annuirono annoiati.
Il bambino melograno partì e camminò per ore ed ore, ma visto che era piccolo, che dico piccolo, piccolissimo non fece più di qualche metro all’interno del giardino.
Ad un certo punto sentì un rumore tra le piante di melanzana. Terrorizzato si nascose dietro una foglia spinosa, ma la curiosità di vedere cosa vi fosse aldilà gli fece fare capolino con la testa e quello che vide lo stupì alquanto.
Una grossa Talpa pelosa gli dava le spalle indaffarata a scavare una buca. Il bambino, che odiava perdere tempo prezioso, lo apostrofò “Signora Talpa, mi perdoni” disse con estrema educazione, la Mamma l’aveva infatti educato per bene.
“Signora Talpa, scusi…” disse ancora avvicinandosi. Ma la Talpa non sembrava accorgersi di lui. Decise allora, contro ogni regola del galateo, di tirare il folto pelo dell’animale. La Talpa si volse ma visto che era cieca non vide nessuno e si rimise così a scavare la buca alla quale stava lavorando. Il bambino melograno allora capì che la Talpa non poteva vederlo, né ovviamente capiva quello che lui le stava dicendo usando la lingua delle fate “Stupido animale analfabeta” pensò “Farò a meno di te, troverò bene qualcuno che parli la mia lingua”. E si rimise in cammino.
Continuò a vagare per ore ed ore, perdendosi all’interno del vasto giardino che per lui era grande quanto una foresta, fino a quando in una piccola radura sotto un papavero vide un buffo animale verde in una strana posizione. Coraggiosamente chiese “ Scusi lei, ehm… signor verdognolo…” la cavalletta si voltò e con una abile mossa di arti marziali si mise a molleggiare in posizione di difesa “Piccolo incomprensibile straniero” disse “come osi disturbarmi mentre mi sto allenando per i campionati giardinali di Kung—duh?” . Il bambino melograno che non sapeva nulla di Kung- duh ma sapeva riconoscere un idiota alzò il piccolo sopracciglio e cominciò a grattarsi il mento pensieroso. “E io che credevo che dopo aver conosciuto la bambina saetta non avrei mai potuto incontrare un essere più scemo, devo ricredermi” pensò.
“Scusi mi dispiace disturbarla ma per cortesia saprebbe indicarmi la dimora dei Mangiasorrisi?” chiese speranzoso addolcendo ogni parola con un sorriso. La cavalletta lo guardò con disprezzo e continuò ad allenarsi facendo roteare le grosse tenaglie “non capisco un’H di ciò che dici bambino strano, allontanati prima che ti stenda con un destro” lo avvertì.
Il bambino melograno lo guardò con sguardo cattivissimo, ma così cattivo che più cattivo non si può e mentre arrabbiatissimo covava il più assoluto risentimento verso quell’animale maleducato, notò che ad ogni mossa di Kunk-duh della cavalletta una ragnatela posta sopra il papavero tremava vistosamente.
Il bambino melograno allora sorrise e cominciò a provocare l’animale “Signora cavallettaaaaaaa... “ disse tirando fuori la lingua e facendo buffe capriole. La cavalletta infastidita sentenziò “Ti avevo avvertito piccolo circense senza lingua adesso sperimenterai il potere del Kung-duh e delle sue mosse segrete, appena avrò finito con te sarai diventato una spazzola spelacchiata” e così dicendo si mosse saltellando a destra e a sinistra, su e giù scoordinatamente facendo versi strani come iahhhh e uhhhhh .
Fu a quel punto che la ragnatela posta sopra il papavero gli cadde addosso rovinosamente, avvolgendolo nelle sue braccia appiccicose.
“Sono stato aggredito, sono stato aggredito” urlò la cavalletta “questa mossa non l’avevo prevista, piccolo traditore, ti distruggerò, ti masticheròòòòò, ti …” “si, si certo” disse il bambino melograno “sei la cavalletta più temibile del giardino tze tze ma sicuramente non quella più intelligente” ridacchiò allontanandosi.
Dopo essersi scostato dal buffo insetto però il bambino melograno si sentì strano, cominciò a percepire una profonda tristezza, oramai la notte era arrivata e lui non aveva ancora ritrovato la sua Famiglia. Allora si sedette a terra sconsolato e gli venne da piangere. Le lacrime scesero una ad una velocemente senza che lui le potesse fermare.
“Non li troverò mai” pensò “E resterò solo, nessuno capisce la mia lingua e quindi non posso chiedere indicazioni, e questo giardino e pieno di idioti , ormai è tardi i Mangiasorrisi avranno già mangiato le risate di Mamma e degli altri” singhiozzò disperato.
Ma una stella cadente piccola e luminosa che stava solcando il cielo, sentì il suo lamento e capì le sue parole, perché le stelle cadenti viaggiando tanto nel cielo conoscono tutte le lingue del mondo, pure quelle delle fate. Allora impietosita chiamò le sue sorelle, le quali scesero sulla terra e si riunirono attorno al bambino melograno.
“Cos’hai piccolo” chiesero.
Il bambino melograno preso dalla sua disperazione non si rese conto di essere capito e cominciò ad urlare “Hanno rapito la mia Famiglia e sono rimasto solo, Se li sono presi i Mangiasorrisi e ora sono senza Mamma e senza Fratelli e non ho neanche un biscotto al cioccolato”
Le stelle risposero il coro “Dicci dicci cosa desidereresti avere”. “Vorrei che tutto tornasse come prima e vorrei sentire il profumo dei biscotti appena sfornati” disse piangendo sommessamente con un fil di voce. Allora le stelle cadenti gli intimarono con dolcezza “Chiudi gli occhi, senza indugio”. Il bambino melograno nonostante la disperazione guardò le stelle sospettoso e pensò “Mh mi dovrei fidare di questi esserini luminosi? Quella più piccola ha uno sguardo che non mi piace…” Però pensò anche di non avere più nulla da perdere e sospirando chiuse gli occhietti. “Mmmh non succede niente pensò, mi stanno imbrogliando, mai fidarsi di quelli che parlano in coro” allora aprì gli occhi pronto a redarguire le stelle.
Ma non era più nel giardino e non era più notte. Era di nuovo nel suo lettino, posto sul comodino del bambino vanitoso. Sorpreso si alzò di scatto e scese febbrilmente la scaletta di bastoncini di gelato. Il cuore gli batteva all’impazzata mentre correva verso la cucina. Un tonfo lo fece sussultare ma quello che vide lo immobilizzò di gioia: il babau che non faceva paura aveva spaventato la bambina saetta che aveva starnutito un potente fulmine che era andato a colpire il didietro del bambino vanitoso, ora lui e il suo riflesso urlavano improperi impronunciabili.
Ma fu quello che vide in cucina a farlo sciogliere fino alle lacrime: la bambina con l’ombra di drago stava aiutando la Mamma a sfornare i biscotti, il profumo dolciastro si era espanso per tutta la casa.
“Mamma, Mamma!!“ gridò correndo verso di lei il bambino melograno.
“Piccolo mio, non correre o ti farai male, guarda ho appena sfornato i biscotti”.
Il bambino melograno si fermò di fronte alla teglia, storse il naso e alzando il sopracciglio disse: ”Mhhh biscotti al kiwi, avrei dovuto specificare al cioccolato, lo sapevo che quelle stelle cadenti erano delle imbroglione!”.
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